venerdì 20 marzo 2009

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2009, l'inverno dei record

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Laceno, Avellino, 20.03.2009

2009, l'inverno dei record

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Campigna, Forlì, 20.03.2009

2009, l'inverno dei record

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Capracotta, 20.03.2009

2009, l'inverno dei record

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Limone Piemonte, 20.03.2009

2009, l'inverno dei record

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Ovindoli, 20.03.2009 (click to enlarge)

2009, l'inverno dei record

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Forca Canapine, 20.03.2009 (click to enlarge)
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Alcuni frequentatori dei miei blog e forum vorrebbero creare una “società di gestione” in Svizzera o a Montecarlo, pensando che “il problema” sia solo quello iniziale di “raccolta di capitali”, ma “tutto il resto poi sia in discesa”.

Purtroppo le mie precedenti esperienze (5 in totale) dimostrano esattamente il contrario, e dimostrano che, in ogni caso, si giunge sempre al “paradosso Valentino Rossi”.

Questo “paradosso” è solo un banale ma intuitivo esempio che ho riportato con inaspettato successo durante una sorta di “conferenza via chat”: in due parole, se 100 “ricconi” creassero una società per azioni che costruisse una moto competitiva e si assicurasse la guida di Valentino Rossi, sicuramente dopo poco tempo nell’assemblea per azionisti i 100 “ricconi” si scotennerebbero tra loro per decidere all’ultimo voto se la moto debba essere dipinta di fucsia con gli elefantini blu, o rosa con i winnie pooh verde oliva……

Ma “il peggio” lo si raggiungerebbe a fine assemblea, quando sicuramente gli azionisti di maggioranza pretenderebbero di insegnare a Valentino Rossi come “angolare” la moto in curva…..

La stessa cosa accade quando si radunano 100 azionisti in una società di gestione: tutti arrivano inferociti perché “l’amico della banca” ha dimezzato loro il capitale in soli 12 mesi, frustrati perché non hanno ovviamente avuto gli attributi per pretendere giustizia e sono stati anzi “costretti” ad investire ancora con gli stessi incapaci (“altrimenti che figura ci facevo…..”), e quindi pieni di rabbia, rancori e “voglia di rifarsi”, ma purtroppo più dal punto di vista dell’orgoglio che da quello del portafoglio.

E così alla prima riunione “condominiale”, anziché adattarsi a regole consolidate per poi seguire i “consigli” di chi lavora da anni nel settore ottenendo risultati irraggiungibili, ci si divide in 2 o più “fazioni” e a metà riunione si arriva al coltello per poter chiamare la società “Pizza&Mandolino”, per poi terminarla con dei “diktat” operativi nei confronti dei veri “motori” della società (senza i quali la società fallisce in un amen).

Per carità, se uno o più investitori sono in possesso del 51% della regolare assemblea degli azionisti, è moralmente e legalmente giusto che esercitino il loro sacrosanto diritto ad imporre la denominazione della società, ad imporre l’analisi tecnica al gestore, ad imporre decine di riunioni inutili e costose in giro per l’Italia per “accontentare tutti gli azionisti da qualunque città provengano”, ad imporre pareti fucsia per gli uffici, ma, evidentemente, a fine riunione i “motori di successo” saranno fuggiti e il loro posto verrà preso da falliti che hanno dimezzato i soldi dei loro clienti negli ultimi 12 mesi.

E la società farà molto presto la stessa fine.

E questo purtroppo perché il successo di un progetto di questo genere passa per alcuni “punti fermi” che non possono essere messi minimamente (o parzialmente) in discussione, e che occorre quindi prevedere in uno “statuto societario” che venga legalmente riconosciuto come “intoccabile” da qualunque azionista voglia entrare nel progetto.

E’ questo il “vero problema”, non certo “raccogliere i capitali iniziali” in un momento come questo nel quale milioni di italiani (ma anche svizzeri) fanno i conti con la metà dei soldi che possedevano 12 mesi fa.