mercoledì 18 settembre 2013

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Ora che siamo sufficientemente distanti dai festeggiamenti in appennino bolognese per la “mitica brigata stella rossa”, possiamo parlare di cagate e realtà senza essere sospettati di voler “creare zizzania preventiva”.

Le cagate: secondo la storia scritta molto tempo dopo nei bar (insieme alla versione mignotta del canto delle mondine del vercellese ribattezzata “bella ciao”), per tutta la durata del fascismo (ottobre 1922 – luglio 1943) l’intera Italia, ma soprattutto la “mitica”, rossa Emilia, si distinsero in una quotidiana, eroica resistenza partigiana contro il più tremendo dei regimi che la storia ricordi.

Le verità: come tutti gli storici hanno scritto, e addirittura anche wikimerdia indirettamente conferma ovunque nelle sue red-pages, nei primi vent’anni esatti di regime fascista il numero massimo di partigiani nello stivale fu intorno alle 400 (quattrocento………) unità su una popolazione italiana che complessivamente superava i 40 milioni di abitanti…… ossia, approssimativamente un solo italiano su 100.000 (centomila……) si accorse in ben vent’anni di vivere nel più tremendo dei regimi….

Sempre secondo tutti gli storici del mondo, compresi i corrotti pennaioli a comando di wikimerdia, il numero di partigiani arrivò in quattro cifre solo a fascismo morto e sepolto da mesi, ossia a fine ‘43, quando milioni di italiani, partiti inneggianti al loro duce (la loro luce) per spezzare in suo nome le reni al resto del mondo, si ritrovarono a migliaia di km da casa a prendersi cannonate in faccia da tutti, amici o nemici, senza nemmeno ricevere ordini dal comando su come e contro chi reagire……

In quella situazione rocambolesca, una piccola minoranza di soldati tradì i propri amici e compagni abbandonandoli sotto le cannonate per scappare con la coda tra le gambe a casa, dove, nessuno capirà mai il perché, alcuni di loro, come tutti i furbetti del quartierino, pensavano addirittura di essere accolti “benino”.

A qualcuno effettivamente “andò bene” perché il loro paesello di origine era già stato nel frattempo liberato dagli Alleati, ma per coloro che avrebbero voluto nel ’44 “tornare oltre-gotica” esistevano solo 4 opzioni: primo, essere impiccati all’istante come traditori per essere scappati dai vari fronti “stranieri”, secondo, arruolarsi nell’esercito di Salò per “redimersi”, terzo, correre al fronte “italiano” per aiutare gli Alleati a liberare il resto dello stivale, quarto, nascondersi sui monti in attesa di “vedere chi vinceva” sulla Gotica (ancora per tutto l’inverno del ’45 non fu per nulla scontato che gli Alleati avrebbero “sfondato”), per poi scendere a valle sul carro del vincitore.

Tutti vollero evitare corda e sapone, una larghissima maggioranza scelse consapevolmente l’esercito regolare di Salò, una misera minoranza scelse consapevolmente quello regolare degli Alleati, la minoranza meno numerosa scelse consapevolmente il “brigantaggio”.

“Consapevolmente” per tutti, poiché, essendo i “fuggiaschi” al 99% ex militari dell’esercito fascista, conoscevano le “regole ufficiali di guerra” dell’Aja riconosciute da tutte le nazioni che partecipavano alla seconda guerra mondiale: in primis, la guerra doveva essere combattuta esclusivamente tra eserciti regolari con divise regolari=”riconoscibili”, e questo per evitare qualunque tipo di coinvolgimento da parte della popolazione civile.

Secondo, la guerra doveva essere combattuta secondo determinate regole “d’onore cavalleresco”, ad esempio, erano stati definitivamente aboliti i gas velenosi della prima guerra mondiale.

Terzo, anche le conseguenze di ciascuna guerra dovevano essere pagate esclusivamente dagli eserciti regolari (e mai dai civili) e comunque sempre secondo predeterminate regole “di cavalleria” (differente “trattamento” tra ufficiali e soldati semplici, abolizione di qualunque forma di “rivalsa” o addirittura “sterminio” sui perdenti, ecc.).

Quarto, chiunque, militare regolare o civile, rispettasse tali regole sottoscritte da tutti, doveva assolutamente essere “trattato secondo le regole” e tutelato da qualunque autorità, ma chiunque, militare regolare o civile, le violasse, doveva essere punito da qualunque autorità.

Quindi quei quattro traditori che, per evitare l’impiccagione, scelsero le montagne nell’attesa di vedere chi vinceva sulla gotica, come ex militari del fascio erano perfettamente a conoscenza del fatto che, non portando alcuna divisa regolare=riconoscibile di nessuno degli eserciti in guerra, non avevano alcun diritto “militare”, ma, anzi, contravvenendo a tutte le regole dell’Aja (note a tutti), sottoponevano se stessi e la popolazione civile alle “ritorsioni”previste dalle stesse regole dell’Aja.

Tra queste ultime, ad esempio, il “diritto di rappresaglia” che un esercito regolare poteva vantare nei confronti di qualunque civile che avesse violato in prima persona la regola “in guerra sparano solo i militari in divisa”, o che avesse aiutato altri “irregolari” a violarla: in altre parole, se un militare regolare uccideva un militare regolare nemico, rientrava nelle regole, quindi, ove fatto prigioniero, aveva mille diritti internazionalmente riconosciuti e tutelati, e la sua massima pena consisteva nell’essere disarmato e “isolato” dal contesto bellico (per i soldati semplici, gli ufficiali potevano anche essere arrestati).

Ma se un civile uccideva un militare, o si costituiva e pagava il proprio prezzo alla giustizia, oppure l’esercito del caduto poteva “farla pagare” ad altri civili, il cui numero non venne purtroppo mai messo “nero su bianco” all’Aja.

Ad esempio, nella seconda guerra mondiale Stalin faceva fucilare 100 (cento) civili per ogni soldato dell’esercito russo ucciso da civili, Churchill 50, Hitler, il più umano, si accontentava di 10, massimo (ma raramente) 20.



Tutto ciò “in generale”.

Per entrare nello specifico, secondo le puttanate da bar, i due massimi eroi della resistenza bolognese furono “Lupo” e “Cagnone”, così chiamati perché erano due ladri di galline della valle del Setta (zona attuale casello autostradale Sasso Marconi) che, in tempo di pace, come il 99,99% dei bolognesi si distinsero per la propria vigliaccheria rubando, appunto, le galline alle vecchie vedove dei monti in nome del duce (la loro luce).

Sempre in nome del duce (la loro luce), dopo vent’anni di regime di cui non si accorsero mai, partirono come tutti cantando inni di gioia per “spezzare le reni” il primo a “quegli sporchi negri africani”, il secondo a “quegli sporchi bolscevichi comunisti russi”, ma alla prima schioppettata che passò a due dita dalle loro orecchie, tradirono i loro commilitoni lasciandoli a morire sui rispettivi fronti, per tornarsene con la coda tra le gambe in appennino bolognese…… dove, sospettando fortemente che la Gotica avrebbe resistito e che quindi il nord Italia sarebbe divenuto un “sud Baviera”, decisero di stare ben alla larga dagli Alleati e di strizzare viceversa l’occhio a chi era ancora visto leggermente favorito dai bookmakers…..

E infatti quando i tedeschi decisero che, per scaramanzia, fosse meglio piazzare un bel po’ di artiglieria pesante sulla cresta collinare che separa le valli del Reno e del Setta per bombardare dall’alto entrambe le migliori vie di accesso al loro quartier generale bolognese, gli oltre 1500 briganti ubriaconi sbandati della brigata stella rossa al comando del mitico Lupo (il Cagnone venne ucciso a bastonate in testa sulla corriera che lo portava a Salò, schifato delle centinaia di civili innocenti massacrati dai briganti ubriachi in appennino emiliano e delle altre centinaia in arrivo come conseguenza delle suddette regole dell’Aja) se la diedero a gambe senza sparare un sol colpo lasciando sul terreno solo i 9 più ubriachi di loro, non in grado quindi di fuggire di fronte ai tedeschi: era iniziata la cosiddetta “strage di Marzabotto”, oltre 2000 civili massacrati senza motivo nella versione festa de l’unità, circa 670 per “naturale rappresaglia secondo le regole di guerra dell’Aja” secondo gli storici anglosassoni.

Ebbene sì, l’incredibile eroismo della mitica brigata stella rossa che in questi giorni viene festeggiato in appennino bolognese, consistette nel partire gioiosamente per la guerra in nome del fascismo, nel tornare da traditori, nello sfuggire per il rotto della cuffia alla conseguente impiccagione, nello stare il più alla larga possibile dagli Alleati che stavano liberando lo stivale, nell’aiutare l’invasore tedesco ad imbottigliare centinaia di civili nei dintorni di una cresta che doveva essere liberata il più in fretta possibile (e infatti, grazie ai rossi, lo fu a tempo di record…..), nel rientrare ai propri paeselli sul carro del vincitore anche se, al contrario delle loro previsioni (e aspirazioni) aveva stelle e strisce anziché svastiche, e nel passare i decenni successivi col terrore che al liceo si arrivasse al capitolo “storia contemporanea (non da bar)”………………..

Tipico eroismo comunista.
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