venerdì 11 dicembre 2009

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traffico bloccato su molte strade del Vorarlberg

























Silvio infiamma i colleghi. "Discorso sacrosanto, è un vero combattente"



Il presidente del Ppe a Strasburgo: «Ha fatto bene, qui la percezione è distorta dalla stampa di sinistra»





«Erano parole ineccepibili, la fotografia della realtà. Ora ci manca solo che non posso raccontare come stanno le cose in Italia davanti al congresso del Partito popolare europeo che, vista la rappresentatività del Pdl, considero un po’ come casa mia».

Silvio Berlusconi risponde così a chi in privato gli fa notare la valanga di dichiarazioni e di critiche che arrivano dall’Italia.

Non tanto quelle nel merito, quanto quelle sull’opportunità di tenere un simile intervento davanti al congresso del Ppe.

Una scelta niente affatto casuale, visto che nelle intenzioni del Cavaliere c’è proprio quella di «mettere al corrente» i colleghi europei della «realtà italiana» che a loro «arriva distorta dai giornali di sinistra».

E invece da Roma si sbracciano in molti, soprattutto nell’opposizione, per cucire su Berlusconi l’ennesima gaffe.

Così, si passa da chi definisce il premier un «bullo» a chi gli dà del «caudillo sudamericano», fino ad arrivare al segretario del Pd Pierluigi Bersani che non può che prendere atto del fatto che ormai «il rischio populismo» del nostro Paese «preoccuperà anche il Ppe».

Di certo, allarma il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione che appena finito di ascoltare l’intervento del Cavaliere lo accusa di dare dell’Italia «l’immagine del Paese di Pulcinella» perché «le beghe interne non si devono portare in Europa».

Un concetto su cui coraggiosamente insistono anche nell’opposizione, proprio gli stessi - ricorda l’eurodeputata del Pdl Licia Ronzulli - che due mesi fa hanno chiesto al Parlamento di Strasburgo di difendere la nostra democrazia e votare una mozione sulla libertà di stampa in Italia.

Il punto, però, è che lo sdegno italiano non corrisponde affatto al clima che si respira a Bonn.

In primo luogo perché se davvero fosse stata così tanto sgradita la sortita di Berlusconi, con ogni probabilità Antonio Tajani non sarebbe stato riconfermato vicepresidente del Ppe con 366 voti, oltre 300 in più rispetto a quelli della sola delegazione del Pdl.

Un segnale che trova conferma anche nelle parole di due membri illustri del Partito popolare europeo.

Il primo è Peter Hintze, rieletto ieri primo vicepresidente del Ppe. Sottosegretario all’Economia in Germania e uomo forte di Angela Merkel in Europa, Hintze definisce il discorso di Berlusconi «davvero splendido».

«Ha parlato - spiega lasciando il Congresso - da vero combattente che lotta contro la sinistra europea». Allo stesso modo Wilfried Martens, neopresidente del Ppe.

Che non entra nel merito dell’intervento del Cavaliere ma ci tiene a dire che «dopo la Prima guerra mondiale» Berlusconi «Ã¨ il primo presidente del Consiglio italiano ad avere una maggioranza così forte».

Difficile, insomma, interpretarla come una presa di distanza.

Decisamente più netto, invece, il francese Joseph Daul, presidente del gruppo del Ppe a Strasburgo dal 2007. «L’intervento di Berlusconi? Sacrosanto. Ha fatto un ottimo discorso, molto ascoltato e apprezzato». E all’obiezione sull’opportunità di affrontare in questa sede le questioni interne italiane, Daul risponde così: «Qui arriva una percezione distorta dalla stampa di sinistra, bene ha fatto a dire la sua. Anche perché nei giudici che stabiliscono da soli della vita e della morte delle persone io non ho alcuna fiducia. I tribunali sono un’altra cosa, ma i giudici hanno da soli il potere di metterti in manette dalla sera alla mattina senza neanche chiederti scusa quando finalmente ti viene riconosciuta la tua innocenza».

Insomma, Berlusconi non ha fatto altro che «replicare» a «quella stessa sinistra» che due mesi fa voleva far approvare al Parlamento di Strasburgo una mozione sulla mancanza di libertà di stampa in Italia.

Quella stessa sinistra che «insinua che il vostro non sia più un Paese democratico e uno Stato di diritto».

Nel Ppe, insomma, non sembrano così «preoccupati» come auspica Bersani.

Almeno stando alle parole del presidente, del vicepresidente vicario e del capogruppo al Parlamento europeo.

Velo? Grandioso se è del'Islam, ma se è Crociato.....

Se la prof è suora il velo non piace più

Vogliono mandare al confino le suore, estrometterle dalla vita pubblica, chiuderle in monastero. Sta accadendo a Roma in questi giorni, scuola elementare Jean Piaget, via Suvereto. Un gruppo di zelanti genitrici, guidate da una «cassintegrata dell'Alitalia» ha chiesto la testa di una maestra colpevole di essere suora. Costei è un tipo minuto. Non ha fatto propaganda di Gesù, quando mai. Insegna italiano, ha il curriculum giusto, i titoli di studio, sta in graduatoria. Ma per il fatto di essere suora, secondo la cassintegrata dell'Alitalia (un nome, un programma), non può essere una dipendente dello Stato laico. Deve sparire.
Scrive Fabrizio Caccia sul Corriere della Sera: «Un gruppo di mamme ieri mattina ha incontrato la preside, Maria Matilde Filippini. Il motivo? La nuova maestra d'italiano della II C, da venerdì scorso, è una suora. Suor Annalisa Falasco, padovana, 61 anni, della congregazione di Maria Consolatrice, è stata mandata dal provveditorato di Roma a sostituire l'insegnante di ruolo, che ha appena vinto una borsa di studio e se ne è andata altrove. Dice ora Patrizia Angari, trentasei anni, cassintegrata Alitalia, a nome pure delle altre mamme: «La nostra è una scuola pubblica, una scuola statale, perciò se serve faremo ricorso al Tar. Qui non è in discussione la persona, la suora sarà pure bravissima ma io contesto l'istituzione che rappresenta. Cioè la Chiesa. Voglio vedere cosa dirà la maestra a mio figlio quando Valerio le chiederà come è nato l'universo. Sono atea e credo che la scuola pubblica debba essere quantomeno laica. O no?».

Che Paese stiamo diventando? Dov'è che si era vista una scena così? La madre lavoratrice che organizza un comitato di mamme democratiche e smaschera il traditore che corrompe i fanciulli? Va be’, c'è stato il caso di Socrate, ma non esageriamo. Più vicino a noi: Unione Sovietica, ventesimo secolo. Arcipelago Gulag di Solgenitsin racconta vicende di questo genere. Sbugiardare il finto compagno, rivelare che è un prete, consegnarlo alla vergogna popolare. Sulla Pravda apparivano le lettere delle mungitrici di renne, da noi le più rappresentative sono le hostess Alitalia, ad alcune delle quali i privilegi devono aver dato alla testa. Anche da cassintegrate è più alto il loro mensile di quello complessivo di un esercito di suorine che puliscono il sedere a bambini e a vecchi.
C'è bisogno di spiegare perché tutto questo è razzismo, convinto per di più di essere progressista? I razzisti sono quelli che dividono gli esseri umani in due categorie: le persone degne di godere dei diritti umani, e quelle meno, molto meno. Qui si nega a una persona il diritto di meritarsi un posto di lavoro sulla base dell'appartenenza a una religione. Se ci fosse una magistratura seria interverrebbe aprendo un fascicolo sulla vicenda intestandolo alla Legge Mancino, là dove si punisce «... con la reclusione sino a tre anni chi (...) incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (art. 1).
Una bella idea di laicità esprime la mamma citata. È in linea di navigazione con una deriva tutta occidentale. L'Europa si vuole annullare, si odia. Detesta le sue origini. In nome dell'illuminismo giacobino fa fuori l'illuminismo ragionevole, e con esso si uccide, lasciando spazio a una tranquilla invasione islamica.

Dell’Utri e il Milan: l’autogol dei pm


Doveva essere un rigore a porta vuota, s’è trasformato in autogol.

La partita processuale che attraverso la raccomandazione «mafiosa» di un ragazzino alle giovanili del Milan, avrebbe dovuto segnare la sconfitta di Marcello Dell’Utri e cristallizzare, più di qualsiasi altra «prova», il suo rapporto con i boss Graviano, non ha prodotto gli effetti sperati dall’accusa.

Quella che sembrava la prova regina s’è rivelata un flop.

La storia, riesumata da Spatuzza, riguarda gli inizi di «carriera» di Gaetano D’Agostino, oggi affermato centrocampista dell’Udinese, in estate corteggiato dal Real Madrid.

Tutto ha inizio nel 1992 quando Gaetano, che con i piedi ci sa fare, ha 10 anni.

Suo papà, Giuseppe, sogna di vederlo crescere calcisticamente in un club di livello. Così approfitta di un amico, Carmelo «Melo» Barone, presidente della Palermo Olimpia, che gli organizza un provino al Milan.

Il test ha successo ma l’arruolamento nelle «giovanili» rossonere salta perché Gaetano è troppo giovane e la sua famiglia, che dovrebbe badare a lui, non è residente a Milano.

Barone prova così a contattare più volte Marcello Dell’Utri - conosciuto anni prima per motivi calcistici - ma riesce a parlare solo con le segretarie dello stesso.

Giuseppe D’Agostino, a verbale, conferma che Barone e Dell’Utri si erano conosciuti «sempre perché c’era di mezzo il calcio» e che in occasione del viaggio a Milano, «Melo» chiamò con l’intenzione di chiedere una cortesia a Dell’Utri affinché trovasse un lavoro a D’Agostino senior così da permettere il passaggio del ragazzo al Milan attraverso il trasferimento della famiglia a Milano.

D’Agostino jr non viene preso.

Se ne riparlerà, forse, nel ’94 quando avrà 14 anni e potrà passare regolarmente dalla sua famiglia a quella del Milan.

Tempo pochi mesi e Barone muore in un incidente stradale.

Tempo due anni e nel gennaio del ’94 il nome di Barone torna d’attualità perché D’Agostino senior, salito a Milano per far fare un nuovo provino al figlio, viene arrestato nel ristorante «Gigi il cacciatore» in compagnia di Giuseppe e Filippo Graviano, i boss di Brancaccio latitanti a Milano.

Per la procura di Palermo, due più due (Barone e D’Agostino, di qua, i fratelli Graviano di là) fa «Dell’Utri mafioso».

Per dimostrarlo i magistrati ipotizzano che dietro al secondo provino di D’Agostino jr ci sia lo zampino dei Graviano vicini a Dell’Utri.

Il percorso è tortuoso, anche perché prove non ce ne sono.

Carmelo Barone non era mafioso, non aveva precedenti a carico pendenti o pregiudizi penali, e per ammissione dello stesso D’Agostino ai pm, «non era assolutamente un malavitoso, l’ho conosciuto come una persona per bene».

Quanto alla frequentazione coi Graviano, il papà della stella dell’Udinese conferma che l’interessamento del boss fu diretto esclusivamente a trovargli un posto di lavoro.

Mai, dunque, i due boss gli fecero il benché minimo cenno a contatti con i dirigenti del Milan.

Men che meno a Dell’Utri, con cui D’Agostino non parlò mai.

Anzi, «se lui (Giuseppe Graviano, ndr) avesse conosciuto persone nel Milan - riferisce D’Agostino senior a verbale - me l’avrebbe detto. La mia richiesta specifica era nel campo del lavoro (...) perché mi faceva piacere che il ragazzo vivesse in quel contesto. Il problema era solo il lavoro, lui (il boss, ndr) non mi parlò mai di conoscenze a Milano».

Basterebbe questo a chiudere la pratica.

E invece la procura si è accanita su Dell’Utri perché, a suo avviso, avrebbe mentito non ricordandosi, all’inizio, di chi fosse Barone; perché quest’ultimo, secondo un pentito, non era poi uno stinco di santo visto che nel suo negozio di tessuti frequentava loschi figuri (che venivano a riscuotere il pizzo); perché comunque una vaga «raccomandazione» del giovane D’Agostino venne fatta da Dell’Utri, come riferito da alcuni preparatori atletici del Milan; perché, soprattutto, la raccomandazione dei Graviano per un posto di lavoro a D’Agostino non è da intendersi alla «Eurocommerciale» bensì all’«Euromercato», società in parte rilevata dalla Standa vicina a Berlusconi.

Fine del flop.

Mischabel und Matterhorn


Mischabel und Matterhorn, inserito originariamente da chrchr_75.

Mischabel - Matterhorn - Weisshorn


Mischabel - Matterhorn - Weisshorn, inserito originariamente da chrchr_75.