giovedì 27 settembre 2012

Caro Enzo,

come nipote di un partigiano vero (quindi raro), lungi da me sottoscrivere le tesi "negazioniste" di qualche patetico ubriacone neofascista al riguardo.

Ma, come sempre accade, "esagerare dall'altra parte" significa regolarmente prestare il fianco a critiche oggettivamente ineccepibili, che minano alla base la verità anche più di qualunque altra "falsità".

E quindi ribadisco: secondo gli storici anglosassoni, fino alla morte del fascismo, avvenuta il 25 luglio del 1943, la resistenza antifascista partigiana contava su non più di 4-500 uomini in tutto lo stivale, in massima parte dislocati tra le montagne di piemonte, lombardia ed abruzzo.

Secondo le ottimistiche (e sinistrorse) fonti citate da wikipedia, 6 mesi dopo i partigiani raggiunsero bene che vada le 1500 unità, grazie al rientro in patria dei disertori del Don, del fronte africano e di quello balcanico, stanchi di ricevere ordini contrastanti (e spesso senza senso) dall'italia (e ancora una volta in massima parte dislocati nel nord ovest e in abruzzo).

Considerando che a quei tempi gli italiani erano più di 40 milioni, i numeri suddetti non ammettono altra interpretazione che la seguente: il regime fascista durò oltre vent'anni senza incontrare alcuna resistenza antifascista, portò l'italia in guerra senza incontrare alcuna resistenza antifascista, e anche dopo 6 mesi dalla morte finale del fascismo, la resistenza fu una goccia (inutile) in un oceano, nonostante una guerra ormai da tempo largamente compromessa.

Alla fine del '44, ossia dopo un anno e mezzo dalla morte del fascismo, e dopo un anno e mezzo coi nazisti a ricoprire ogni posizione di comando in tutto lo stivale "non ancora liberato" dagli Alleati, secondo le fin troppo ottimistiche fonti sinistrorse di Wikipedia, il movimento partigiano, bene che vada, arrivò a contare 20.000 unità in tutta italia.

Ma dopo un anno e mezzo dalla morte del fascismo, si può solo parlare in una "(microscopica) resistenza antinazista".

E come anche il braccio armato online del comunismo mondiale deve ammettere, il raggiungimento all'aprile 1945 delle 80.000 unità fu più una "presa per il cubo" in extremis, che un reale "movimento" pronto a sacrificare la vita.

Insomma, in poche parole, fino alla partenza dell'ultimo carro armato tedesco (o, meglio, fino all'arrivo del primo americano), gli italiani rimasero (purtroppo) "fedeli all'ideale di prima".

Da questa situazione complessiva sul territorio italiano, può essere facilmente estrapolata quella "locale" emiliana: fino alla caduta del fascismo, il vuoto assoluto (erano quasi tutti del nord ovest o dell'abruzzo).

Per realizzare la prima azione partigiana "rossa" a Bologna, una specie di molotov difettosa, si dovette andare a prestito di due "attivisti" pugliesi...... ed era il '44 inoltrato....

Per avere notizie di successive "azioni rosse", si devono attendere gli ultimi 8 mesi di guerra, ossia la certezza dell'abbandono della gotica.

E quali "azioni"?

Solo l'assassinio di singoli soldati tedeschi in libera uscita, sempre colpiti alle spalle, con successiva fuga sui monti lasciando via libera alla conseguente, scontata rappresaglia, sancita dalle "regole di guerra" scaturite dalla fine della prima guerra mondiale.

A dispetto di un "ritardo cronologico" emiliano rispetto al resto del centro-nord, a dispetto di numeri nettamente inferiori rispetto al restante centro-nord, a dispetto di "azioni" costantemente più dannose che utili, a distanza di ormai settant'anni dalla caduta del fascismo, gli emiliani continuano ad affollare le feste della stupidità per rivendicare il 99% del ruolo fondamentale dei loro nonni...... milioni di persone che rivendicano qualche decina di "nonni partigiani (ritardatari)"..... la calcolatrice, ragazzi, la calcolatrice.....