venerdì 5 ottobre 2012
Carissimo Sector51, quello che Lei dice è fondamentalmente,
per grandi linee, corrispondente alla realtà.
Le fornisco però una versione un po’ più completa: nel
Natale del 2001 il nostro ingegnere ha deciso di accettare la proposta di un
gruppo di banche prevalentemente ticinesi, che avevano inaugurato una sorta di
gestione patrimoniale “di gruppo” su Wall Street.
In realtà si trattava di una “società per azioni” di diritto
svizzero, nella quale le azioni erano “quote di capitale da investire
esclusivamente su Wall Street”.
La sostanziale differenza tra le due “entità” consisteva nel
fatto che una gestione patrimoniale “tradizionale” doveva sottostare ad alcune (poche)
regole di investimento un po’ “strette” dopo aver realizzato mille passaggi
burocratici per la sua “creazione”, mentre una “società” doveva sottostare solo
alle regole (qualunque) del proprio statuto, appositamente create più “larghe”
per poter seguire la solita strategia, e in 24 ore era pronta “chiavi in mano”.
Alla fine del primo trimestre 2002, la “società” veniva
certificata dal gruppo di banche con un +33% netto, ma mentre i soci andavano
in processione a Lourdes, i gestori si accorgevano che, approfittando del 51%
del capitale societario, il gruppo di banche aveva apportato alcune modifiche
arbitrarie allo statuto e quindi all’organizzazione della gestione.
In particolare, una gestione che avrebbe dovuto essere “eternamente
100% in dollari”, era divenuta “100% in lire”, con il pretesto di “mettere al
riparo” gli investimenti da un dollaro che, in quel periodo, era “troppo forte”
rispetto alle altre valute, soprattutto quelle più deboli di fronte al
passaggio all’euro.
Ma, nella realtà, ogni qualvolta veniva effettuato un
acquisto, ad esempio, di titoli Intel, il capitale per l’acquisto veniva “preso
in lire”, trasformato in franchi svizzeri, poi convertito in dollari….. e
quando il target veniva raggiunto da Intel, il ricavato in dollari dalla
vendita dei titoli veniva convertito prima in franchi svizzeri, poi in lire
italiane e solo allora rientrava nella gestione….. dopo aver lasciato tutte le
volte sul terreno migliaia di dollari di commissioni di conversione valuta……
Il possedere il 51% delle azioni permetteva al gruppo di
banche di variare in un qualunque momento lo statuto societario e quindi
l’organizzazione originaria, quindi nell’aprile 2002 l’ingegnere si dimetteva
da gestore e il successivo 6 giugno si licenziava da qualunque incarico, e
partiva la battaglia legale, che a distanza di 10 anni non è ancora giunta a
termine (anche perché moltissimi azionisti hanno accettato dalle banche un
rimborso simbolico per “chiuderla prima”).
Per questo motivo, pur rimanendo geniale l’idea della “banca
tra amici”, libera da vincoli di qualunque genere e da pesanti intromissioni
esterne, la sua realizzazione rimane ovviamente vincolata all’accettazione da
parte di tutti gli azionisti di uno statuto “immodificabile” per non meno di un
triennio, il ragionevole tempo necessario al conseguimento dei “risultati”
ottenibili dalla strategia d’investimento (lo statuto, ossia le regole, devono
essere immodificabili per 3 anni, non certo la possibilità di entrare ed uscire
dalla società da parte di qualunque soggetto interno od esterno).
E purtroppo questa premessa crea sempre immediati malumori
tra i potenziali partecipanti, minando subito alle basi ogni potenziale
collaborazione.
Rimane ovviamente inteso che, ove in qualsiasi momento si
trovino capitali sufficienti alla creazione della società/banca d’investimenti,
e concordanza assoluta su uno statuto che non pregiudichi 3 anni di attività,
la nostra collaborazione sarà sempre garantita al 100%.
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