mercoledì 2 gennaio 2013

Tassazione investimenti all'estero, comprese le differenze tra "strumenti armonizzati UE" e non:



http://www.labanconota.it/l-opinione/opinione01542008.html





Scritto da Marco Piazza   

Vediamo le differenti formule di tassazione a cui sono sottoposti i fondi italiani ed esteri, al fine di confrontarne il rendimento effettivo
I quotidiani pubblicano giornalmente i rendimenti delle quote investite nei fondi comuni d’investimento, italiani ed esteri: ma come confrontarne i valori ? Analizziamo allora quali sono le principali differenze fra i due gruppi, tenendo conto del fatto che l’investimento normalmente viene fatto da privati, ma spesso anche da società.
 
QUANDO L’INVESTITORE È UN PRIVATO
 
Per “privati” intendiamo non solo le persone fisiche non imprenditori, ma anche le società semplici - che non svolgono per definizioni attività commerciali - e gli enti non commerciali (fondazioni, associazioni senza scopo di lucro, ecc.).

I fondi italiani - I proventi derivanti dalla partecipazione ai fondi comuni italiani non concorrono a formare il reddito complessivo dei partecipanti, a meno che non siano percepiti nell’esercizio di imprese commerciali.

Non devono, pertanto, essere indicati in dichiarazione sia i proventi percepiti nel corso del periodo d’investimento (è il caso in cui il fondo distribuisca utili) sia quelli compresi nel valore di riscatto o di cessione della quota, all’atto del disinvestimento.

Così come sono irrilevanti i proventi, non concorrono a formare il reddito neppure le eventuali perdite conseguite in sede di rimborso delle quote sottoscritte. Il motivo va ricercato nel fatto che il risultato di gestione del fondo è tassato all’origine in capo al fondo stesso e l’imposta sostitutiva del 12,5% è già calcolata a riduzione del valore della quota calcolato quotidianamente dalla società di gestione del fondo (cosiddetto net asset value - NAV); come pure, se il fondo ha conseguito una perdita, essendo questa scomputabile da eventuali futuri proventi, senza limiti temporali, il valore della quota viene incrementato di una sorta di credito d’imposta pari al 12,5% della perdita, cosicché, all’atto del rimborso della quota, il “beneficio” fiscale derivante dalla perdita è già “monetizzato” nel valore di rimborso.

Se la perdita venisse ammessa in deduzione anche in capo all’investitore si verificherebbe una doppia deduzione.

Il regime sopra descritto si applica a prescindere dalle opzioni fiscali effettuate dal contribuente, cioè prescindendo dal fatto che le quote siano immesse in un dossier in regime di risparmio amministrato, risparmio gestito o in regime dichiarativo.

Le conseguenze di questa tecnica di tassazione sono le seguenti:
  1. Il valore pubblicato della quota del fondo è già al netto dell’imposta sostitutiva relativa al reddito maturato o è incrementato del credito d’imposta corrispondente alle perdite maturate. Vi è il rischio che, se le perdite maturate sono elevate, una consistente parte del valore della quota non sia costituta da strumenti finanziari, ma dal “credito d’imposta” che non ha, però, carattere di liquidità ed esigibilità;
  2. Eventuali proventi derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili per compensare eventuali perdite realizzate in dossier in regime amministrato o maturate in dossier in regime gestito o calcolate in sede di dichiarazione dei redditi;
  3. Eventuali perdite derivanti dai fondi comuni italiani non sono utilizzabili per compensare eventuali proventi realizzate in dossier in regime amministrato o maturati in dossier in regime gestito o calcolati in sede di dichiarazione dei redditi.

I fondi esteri - I proventi dei fondi comuni esteri si distinguono, dal punto di vista fiscale, in tre categorie:

1) proventi dei fondi comuni situati in uno Stato appartenente alla Comunità europea o allo Spazio economico europeo e conformi alla direttiva 85/611/CEE (cosiddetti “fondi armonizzati”) le cui quote sono “collocate in Italia”. Questi fondi hanno un prospetto informativo depositato presso la Consob. I loro proventi sono soggetti, nei confronti delle persone fisiche non imprenditori, ad una ritenuta d’imposta del 12,5% che viene applicata dal soggetto incaricato dei pagamenti dei proventi stessi da parte del fondo estero (la cosiddetta “banca corrispondente”, se prevista dal modulo organizzativo prescelto dal fondo). Se si tratta di “exchange trade funds” (ETF), quotati in Italia sul mercato telematico dei fondi (MTF), la ritenuta è applicata dalla banca presso cui il cliente ha depositato la quota del fondo;

2) proventi dei “fondi armonizzati” le cui quote sono “collocate all’estero” o comunque che sono conseguiti all’estero senza applicazione della ritenuta del 12,5% in Italia. Essi sono disciplinati dall’articolo 10 ter, comma 4 della legge 77/1983. E’ l’investitore che deve assoggettare il reddito ad una imposta sostitutiva del 12,5% (in base all’articolo 18 del Testo unico) includendoli nel modello UNICO PF, quadro RM. Il contribuente ha facoltà di optare per l’inclusione del provento nel reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva;

3) proventi dei fondi comuni diversi dai precedenti (“fondi non armonizzati”) che sono disciplinati dall’articolo 10 ter, commi 5 e 6 della legge 77/1983. Secondo la circolare 109/E del 2003, i redditi di capitale sono soggetti a ritenuta da parte della banca corrispondente o da parte della banca del cliente. La ritenuta è d’acconto; l’intermediario segnala i dati identificativi dell’investitore nel modello 770, quadro SL, certifica il reddito all’investitore e questi lo dichiara nel quadro RL , rigo 2 del modello UNICO facendolo concorrere alla formazione del reddito complessivo soggetto all’Irpef progressiva.

In tutti i casi sopra descritti, la base imponibile dei redditi di capitale è costituita - oltre che dai proventi distribuiti in costanza di partecipazione all’organismo di investimento - anche da quelli compresi nella differenza tra il valore di riscatto o di cessione delle quote o azioni e il “valore medio ponderato” di sottoscrizione o di acquisto delle quote (articolo 10 ter, comma 1, legge 77/1983). Come “valore” alla data di acquisto o sottoscrizione e alla data di cessione o rimborso si assume il valore della quota rilevato dai prospetti periodici relativi alla data di acquisto delle quote medesime (i NAV), La differenza negativa fra i NAV, invece, viene sommata algebricamente ai redditi diversi di natura finanziaria; e quindi è compensabile con eventuali plusvalenze soggette all’imposta sostitutiva del 12,5%.

Le conseguenze di questa tecnica di tassazione sono le seguenti:
  1. Il valore pubblicato della quota del fondo rappresenta fedelmente il solo valore degli investimenti contenuti nel fondo, in quanto sui fondi esteri non vengono prelevate imposte né al momento del conseguimento del reddito, né, a maggior ragione, sui redditi che siano solo “maturati”;
  2. Le imposte sui proventi del fondo sono pagate solo nel momento in cui l’investitore incassa l’utile eventualmente distribuito, oppure cede la quota oppure ne ottiene il rimborso;
  3. Eventuali proventi derivanti dai fondi comuni esteri non sono utilizzabili per compensare eventuali perdite realizzate in dossier in regime amministrato o maturate in dossier in regime gestito o calcolate in sede di dichiarazione dei redditi; infatti i proventi hanno natura di “redditi di capitale”, mentre le perdite entrano nel novero dei “redditi diversi”.
  4. Eventuali perdite derivanti dai fondi comuni esteri sono, invece, utilizzabili (a differenza delle perdite relative ai fondi nazionali) per compensare eventuali proventi realizzati in dossier in regime amministrato o maturati in dossier in regime gestito o calcolati in sede di dichiarazione dei redditi.
Gli ETF - Nel caso degli ETF, poiché si tratta di fondi negoziati in mercati regolamentati, è normale che il prezzo di acquisto o di cessione non coincida con il valore del NAV alle rispettive date.

Pertanto, dalla negoziazione possono scaturire plusvalenze o minusvalenze rilevanti come redditi diversi di natura finanziaria. Tali redditi sono costituiti dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo d’acquisto o sottoscrizione, depurata dei redditi di capitale maturati, ma non riscossi (la differenza fra il NAV alla data di cessione e quello alla data di acquisto, che, nel caso in cui il fondo sia italiano, deve essere assunto al lordo della fiscalità gravante sul patrimonio del fondo per evitare doppie imposizioni). Queste plusvalenze o minusvalenze sono compensabili con minusvalenze o plusvalenze realizzate su altri titoli; l’ammontare netto è soggetto all’imposta sostitutiva del 12,5% (capital gain) prelevata dalla banca se il cliente ha optato per il regime del risparmio amministrato, o da indicare nel quadro RT della dichiarazione, se il cliente è in regime dichiarativo.
 
QUANDO L’INVESTITORE È UN’IMPRESA 
Ci si riferisce al caso in cui le quote siano acquistate da parte di una società di capitali, di una snc o una sas, di un ente commerciale, di un imprenditore individuale.

In questi casi - come risulta dalla tabella qui pubblicata - emerge come, a parità di altre condizioni, dal punto di vista del bilancio e fiscale, i fondi esteri armonizzati sono avvantaggiati rispetto a quelli italiani per il fatto di non avere una quotazione al netto delle imposte, il che consente di evitare le complessità amministrative legate con la gestione del credito d’imposta del 15% previsto per i fondi italiani.
 
Investimenti finanziari effettuati da società residenti in Italia
CONFRONTO FRA DETENZIONE DI FONDO COMUNE ITALIANO  E FONDO COMUNE ESTERO
FONDO COMUNE ITALIANO 
TASSAZIONE IN CAPO AL FONDO
Imposta sostitutiva del 12,5% sul risultato della gestione (27%, sulla parte del risultato della gestione riferibile a partecipazioni qualificate) 
UTILI DISTRIBUITI
Concorrono integralmente alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono percepiti; spetta un credito d’imposta pari al 15% del loro ammontare (36,98% per la parte riferibile al risultato della gestione soggetto all’imposta sostitutiva del 27%) 
REDDITI DI CAPITALE (“DELTA NAV”) PERCEPITI IN OCCASIONE DEL RISCATTO O DELLA CESSIONE DELLE QUOTE O AZIONI
Concorrono integralmente alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono percepiti; spetta un credito d’imposta pari al 15% del loro ammontare (36,98% per la parte riferibile al risultato della gestione soggetto all’imposta sostitutiva del 27%) 
MINUSVALENZE REALIZZATE
Sono deducibili in occasione del riscatto
o della cessione delle quote 
PLUSVALENZE E MINUSVALENZE ISCRITTE
Le plusvalenze, anche se iscritte in bilancio concorrono a formare il reddito solo nell’esercizio in cui sono percepite, con un credito d’imposta pari al 15% del loro ammontare. Le minusvalenze iscritte sono ammesse in deduzione per l’importo che eccede i maggiori valori iscritti in bilancio che non hanno concorso a formare il reddito. 
FONDO COMUNE ESTERO
TASSAZIONE IN CAPO AL FONDO
Nessuna tassazione

UTILI DISTRIBUITI
Concorrono integralmente alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono percepiti. I soggetti residenti incaricati del pagamento dei proventi operano una ritenuta d’acconto del 12,5%
REDDITI DI CAPITALE (“DELTA NAV”) PERCEPITI IN OCCASIONE DEL RISCATTO O DELLA CESSIONE DELLE QUOTE O AZIONI 
Concorrono integralmente alla formazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono percepiti. I soggetti residenti incaricati del pagamento dei proventi operano una ritenuta d’acconto del 12,5%

MINUSVALENZE REALIZZATE
Sono deducibili in occasione del riscatto o della cessione delle quote
PLUSVALENZE E MINUSVALENZE ISCRITTE 
Le plusvalenze iscritte su azioni o quote che costituiscono immobilizzazioni finanziarie non concorrono a formare il reddito per la parte eccedente le minusvalenze dedotte (per i soggetti IAS, invece concorrono - dal 2008 - a formare il reddito).
Le plusvalenze iscritte su azioni o quote che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie concorrono a formare il reddito.
Le minusvalenze iscritte concorrono a formare il reddito dei limiti del “valore normale”